La storia del Trenino Verde, antica e appassionante, ha inizio alla fine del secolo scorso, quando il conte Camillo Benso di Cavour propose la cessione delle meravigliose foreste della Sardegna per finanziare le ferrovie da realizzare nell’isola, con la premessa di pensare anche alle zone interne della montagna. Fu, quella, una decisione destinata a cambiare il volto di molte zone interne della Sardegna, fra queste vi era anche l’Ogliastra e le barbagie. Come, appunto, spiega Fernando Pilia nel suo testo Il Trenino Verde della Sardegna: un secolo di storia fra pionieri, banditi, letterati e turisti fu tanta la gioia dei "montagnini" all’inizio, quanto la delusione al momento di trarre concreti bilanci; nella proposta di Cavour, infatti, già si intravedeva quali sarebbero state le linee guida del governo piemontese.
Non a caso nel 1863, il Re Vittorio Emanuele II approvò una legge per la concessione delle strade ferrate sarde a una società inglese, decretando, l’anno successivo, l’assegnazione di 200.000 ettari di terreni ad uso civico alla Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde.
Tuttavia, i lavori iniziati nel 1865, portarono in molti luoghi anche importanti benefici. Se nel 1880 poteva dirsi ultimata l’arteria occidentale dell’isola, con la linea Cagliari-Sassari-Porto Torres, la realizzazione dei tratti secondari stentava, però, a procedere. Cosicché, mentre in tutti i paesi cresceva il fervore per poter usufruire del nuovo veicolo di progresso, venne approvata, nel 1885, la legge 3011 concernente le concessioni di strade ferrate secondarie in Sardegna, a spese, rischio e pericolo del concessionario; fra le nuove tratte in progetto vi era la Mandas-Tortolì (oggi Mandas-Arbatax). I lavori, con ben tre anni di anticipo sulle previsioni, furono terminati il 20 Aprile del 1894 in un giorno memorabile per la popolazione ogliastrine e barbaricine E’ giorno di festa, dunque, per quella stupenda e quasi sconosciuta regione: i cento comuni sparsi su per le montagne folte di querceti o verdeggianti d’ulivi e di viti, sentiranno come un annuncio di vita nuova e di speranze, il fischio della vaporiera che reca, segnacolo di progresso, la fiducia all’avvenire. In quel momento, in cui era grande la gioia per la nuova conquista, serpeggiavano, però, i primi malumori fra chi si sentiva tagliato fuori dall’economia dei binari. In effetti, gli interessi dei gestori erano precisi: gli scaltrissimi finanzieri del nord, con astute mire rapaci e speculative, pensavano allo sfruttamento delle immense foreste d’alto fusto e dei giganteschi macchioni che, cresciuti alti e robusti, producevano grandi quantità di pregiata materia prima per ottenere il carbone vegetale "di cannella", ottimo combustibile da cucina. Questi razziatori senza scrupoli sapevano di poter guadagnare molto con la distillazione di ogni tipo di legname e contavano sui ricavi derivati dalla produzione del tannino (acido tannico) contenuti nella corteccia fresca delle giovani piante, utilissimo per la conciatura delle pelli. Sapevano anche che si sarebbe potuta utilizzare, senza alcuna spesa, perfino la cenere ottenuta della bruciatura del frascame minuto per produrre il sapone da bucato. In tutto ciò veniva a mancare la finalità primaria del progetto, vale a dire, la possibilità di collegare alla società industrializzata i mille paesi di montagna che vivevano ancora nella più profonda arretratezza. Questi centri furono, per lo più, sfiorati dal tracciato, condizionato dalle difficili condizioni orografiche; ma anche i paesi direttamente collegati risentirono della lentezza dei collegamenti, descritti dai viaggiatori dell’epoca come duri ed estenuanti: per giungere da Tortolì a Cagliari si percorreva oltre mezza giornata in viaggio.
Gli apporti tecnici dell’opera ferroviaria furono, comunque, di primaria importanza e, se è vero che il governo, prima piemontese, poi statale, non agì in Sardegna per opera di carità, gli aspetti positivi portati dalla sospirata rete non vennero meno. Il tracciato che si snoda fra i comuni di Sadali, Seui, Ussassai, Gairo Taquisara (con in origine la diramazione per Osini, Ulàssai e Jerzu), Villagrande, Arzana, Lanusei, Ilbono, Elini e Tortolì è un susseguirsi di ponti e gallerie, imponenti opere ingegneristiche realizzate grazie all’apporto di maestranze provenienti dalla penisola. Tecniche di costruzione all’avanguardia per l’epoca ma, soprattutto, per quelle persone che si stupirono a percorrere centinaia di metri nei tenebrosi tunnel o affacciandosi nelle valli dai ponti sospesi sulle profonde gole del tracciato. Oggi, certo, il progresso tecnico ha portato a ben altri risultati ma, allora, doveva sembrare tutto diverso: è uno degli spettacoli più sublimi della natura che desta un senso di ammirazione stupefacente vedere il "fumido Satana" addentrarsi e sparire nelle sinuosità dei burroni, da secoli solo accessibili all’irsuto cinghiale ed al timido cerbiatto si leggeva su L’Unione Sarda il 21 Aprile del 1864. Si rivelò importante anche l’uso di bilance di precisione e telegrafi o l’apprendimento della meccanica delle locomotive.
La storia del Trenino Verde è, però, anche un’altra. È quella della migliaia di semplici cittadini che ne hanno usufruito per lavoro (ancora oggi, quando le strade ghiacciano, c’è chi preferirebbe spostarsi in treno) o per gite di piacere, di letterati e studiosi che ne sono stati affascinati, avvolti in quella scomoda dimensione di natura selvaggia. Ma è anche la storia dei banditi; di Samuele Stochino, eroe in battaglia nella prima grande guerra che, deluso forse per una medaglia al valore non ricevuta a causa dei suoi precedenti con la giustizia, disertò, e riprese al sua latitanza dal lento trenino che percorre le montagne dell’Ogliastra. È una storia che passa attraverso le guerre, trasportando i soldati o i temibili cani da guerra di Fonni, o avviando al commercio prodotti come il Pecorino Romano, fatto dai pastori sardi e avviato, da Roma, ai traffici internazionali.
Quella delle ferrovie secondarie è anche una storia di maldestra gestione politico-amministrativa, passata attraverso vari interpreti; la crisi in occasione della prima Guerra Mondiale, portò la Società Italiana per le Strade Ferrate Secondarie Sarde a cedere la guida alla Società per le Ferrovie Complementari della Sardegna. Ciò che è sempre mancato a queste linee ferroviarie è la consapevolezza, da parte statale e regionale, della sua reale importanza. Di fatti, ogni volta in cui si è dovuto decidere sull’economia gestionale si è optato per i tagli. Quando negli anni ottanta fu avviata la ristrutturazione delle stazioni del tracciato sembrò che la situazione stesse cambiando. Il WWF ebbe l’intuizione di unire, al diminutivo di "trenino", date le dimensioni, l’appellativo di "verde", come richiamo alla splendida natura che fa di contorno alle linee ferroviarie interne. Nacque così il Trenino Verde, la cui immagine venne all’inizio sostenuta dall’ESIT, dal WWF, dalla Regione Autonoma della Sardegna e dalla CEE. Tutte le stazioni ogliastrine assunsero nuovo smalto, mentre i turisti riempivano sempre più le centenarie carrozze ristrutturate del trenino delle meraviglie. In tutto questo fervore c’era ancora spazio per chi, semplice cittadino locale, usufruiva di un servizio pubblico a volte indispensabile.
Attualmente le linee vengono coordinate dalla Gestione Governativa Ferrovie Dello Stato e il leggendario Trenino trasporta circa 70.000 passeggeri l’anno, turisti beninteso, che forse non sanno nulla di Samuele Stochino, dei cani da guerra di Fonni, del Pecorino Romano, dei semplici lavoratori ogliastrini e barbaricini o dei tagli indiscriminati delle foreste a beneficio di chi, certo, viveva lontano dai paesi attraversati dalle linee a scartamento ridotto; per ora, comunque, si godono il paesaggio.
Ancora oggi e possibile fare un viaggio con il Trenino della Sardegna
Quel treno che voi prendete oggi è quello di allora, oltrepassa i ponti panoramici, le gallerie, le vecchie stazioni, le cantoniere, attraverso un territorio incontaminato per un viaggio che ricorda il passato ma, con il sapore del presente.
Non a caso nel 1863, il Re Vittorio Emanuele II approvò una legge per la concessione delle strade ferrate sarde a una società inglese, decretando, l’anno successivo, l’assegnazione di 200.000 ettari di terreni ad uso civico alla Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde.
Tuttavia, i lavori iniziati nel 1865, portarono in molti luoghi anche importanti benefici. Se nel 1880 poteva dirsi ultimata l’arteria occidentale dell’isola, con la linea Cagliari-Sassari-Porto Torres, la realizzazione dei tratti secondari stentava, però, a procedere. Cosicché, mentre in tutti i paesi cresceva il fervore per poter usufruire del nuovo veicolo di progresso, venne approvata, nel 1885, la legge 3011 concernente le concessioni di strade ferrate secondarie in Sardegna, a spese, rischio e pericolo del concessionario; fra le nuove tratte in progetto vi era la Mandas-Tortolì (oggi Mandas-Arbatax). I lavori, con ben tre anni di anticipo sulle previsioni, furono terminati il 20 Aprile del 1894 in un giorno memorabile per la popolazione ogliastrine e barbaricine E’ giorno di festa, dunque, per quella stupenda e quasi sconosciuta regione: i cento comuni sparsi su per le montagne folte di querceti o verdeggianti d’ulivi e di viti, sentiranno come un annuncio di vita nuova e di speranze, il fischio della vaporiera che reca, segnacolo di progresso, la fiducia all’avvenire. In quel momento, in cui era grande la gioia per la nuova conquista, serpeggiavano, però, i primi malumori fra chi si sentiva tagliato fuori dall’economia dei binari. In effetti, gli interessi dei gestori erano precisi: gli scaltrissimi finanzieri del nord, con astute mire rapaci e speculative, pensavano allo sfruttamento delle immense foreste d’alto fusto e dei giganteschi macchioni che, cresciuti alti e robusti, producevano grandi quantità di pregiata materia prima per ottenere il carbone vegetale "di cannella", ottimo combustibile da cucina. Questi razziatori senza scrupoli sapevano di poter guadagnare molto con la distillazione di ogni tipo di legname e contavano sui ricavi derivati dalla produzione del tannino (acido tannico) contenuti nella corteccia fresca delle giovani piante, utilissimo per la conciatura delle pelli. Sapevano anche che si sarebbe potuta utilizzare, senza alcuna spesa, perfino la cenere ottenuta della bruciatura del frascame minuto per produrre il sapone da bucato. In tutto ciò veniva a mancare la finalità primaria del progetto, vale a dire, la possibilità di collegare alla società industrializzata i mille paesi di montagna che vivevano ancora nella più profonda arretratezza. Questi centri furono, per lo più, sfiorati dal tracciato, condizionato dalle difficili condizioni orografiche; ma anche i paesi direttamente collegati risentirono della lentezza dei collegamenti, descritti dai viaggiatori dell’epoca come duri ed estenuanti: per giungere da Tortolì a Cagliari si percorreva oltre mezza giornata in viaggio.
Gli apporti tecnici dell’opera ferroviaria furono, comunque, di primaria importanza e, se è vero che il governo, prima piemontese, poi statale, non agì in Sardegna per opera di carità, gli aspetti positivi portati dalla sospirata rete non vennero meno. Il tracciato che si snoda fra i comuni di Sadali, Seui, Ussassai, Gairo Taquisara (con in origine la diramazione per Osini, Ulàssai e Jerzu), Villagrande, Arzana, Lanusei, Ilbono, Elini e Tortolì è un susseguirsi di ponti e gallerie, imponenti opere ingegneristiche realizzate grazie all’apporto di maestranze provenienti dalla penisola. Tecniche di costruzione all’avanguardia per l’epoca ma, soprattutto, per quelle persone che si stupirono a percorrere centinaia di metri nei tenebrosi tunnel o affacciandosi nelle valli dai ponti sospesi sulle profonde gole del tracciato. Oggi, certo, il progresso tecnico ha portato a ben altri risultati ma, allora, doveva sembrare tutto diverso: è uno degli spettacoli più sublimi della natura che desta un senso di ammirazione stupefacente vedere il "fumido Satana" addentrarsi e sparire nelle sinuosità dei burroni, da secoli solo accessibili all’irsuto cinghiale ed al timido cerbiatto si leggeva su L’Unione Sarda il 21 Aprile del 1864. Si rivelò importante anche l’uso di bilance di precisione e telegrafi o l’apprendimento della meccanica delle locomotive.
La storia del Trenino Verde è, però, anche un’altra. È quella della migliaia di semplici cittadini che ne hanno usufruito per lavoro (ancora oggi, quando le strade ghiacciano, c’è chi preferirebbe spostarsi in treno) o per gite di piacere, di letterati e studiosi che ne sono stati affascinati, avvolti in quella scomoda dimensione di natura selvaggia. Ma è anche la storia dei banditi; di Samuele Stochino, eroe in battaglia nella prima grande guerra che, deluso forse per una medaglia al valore non ricevuta a causa dei suoi precedenti con la giustizia, disertò, e riprese al sua latitanza dal lento trenino che percorre le montagne dell’Ogliastra. È una storia che passa attraverso le guerre, trasportando i soldati o i temibili cani da guerra di Fonni, o avviando al commercio prodotti come il Pecorino Romano, fatto dai pastori sardi e avviato, da Roma, ai traffici internazionali.
Quella delle ferrovie secondarie è anche una storia di maldestra gestione politico-amministrativa, passata attraverso vari interpreti; la crisi in occasione della prima Guerra Mondiale, portò la Società Italiana per le Strade Ferrate Secondarie Sarde a cedere la guida alla Società per le Ferrovie Complementari della Sardegna. Ciò che è sempre mancato a queste linee ferroviarie è la consapevolezza, da parte statale e regionale, della sua reale importanza. Di fatti, ogni volta in cui si è dovuto decidere sull’economia gestionale si è optato per i tagli. Quando negli anni ottanta fu avviata la ristrutturazione delle stazioni del tracciato sembrò che la situazione stesse cambiando. Il WWF ebbe l’intuizione di unire, al diminutivo di "trenino", date le dimensioni, l’appellativo di "verde", come richiamo alla splendida natura che fa di contorno alle linee ferroviarie interne. Nacque così il Trenino Verde, la cui immagine venne all’inizio sostenuta dall’ESIT, dal WWF, dalla Regione Autonoma della Sardegna e dalla CEE. Tutte le stazioni ogliastrine assunsero nuovo smalto, mentre i turisti riempivano sempre più le centenarie carrozze ristrutturate del trenino delle meraviglie. In tutto questo fervore c’era ancora spazio per chi, semplice cittadino locale, usufruiva di un servizio pubblico a volte indispensabile.
Attualmente le linee vengono coordinate dalla Gestione Governativa Ferrovie Dello Stato e il leggendario Trenino trasporta circa 70.000 passeggeri l’anno, turisti beninteso, che forse non sanno nulla di Samuele Stochino, dei cani da guerra di Fonni, del Pecorino Romano, dei semplici lavoratori ogliastrini e barbaricini o dei tagli indiscriminati delle foreste a beneficio di chi, certo, viveva lontano dai paesi attraversati dalle linee a scartamento ridotto; per ora, comunque, si godono il paesaggio.
Ancora oggi e possibile fare un viaggio con il Trenino della Sardegna
Quel treno che voi prendete oggi è quello di allora, oltrepassa i ponti panoramici, le gallerie, le vecchie stazioni, le cantoniere, attraverso un territorio incontaminato per un viaggio che ricorda il passato ma, con il sapore del presente.
Un giro lo farei volentieri anch'io!
RispondiEliminaSi potrebbe fare...........prima l'aereo però!!!
RispondiEliminaun'abbraccio!!!