giovedì 31 dicembre 2015

BUON ANNO







"Un padre ricco, volendo che suo figlio sapesse che significa essere povero, gli fece

 passare una giornata con una famiglia di contadini.

Il bambino passò 3 giorni e 3 notti nei campi.

Di ritorno in città, ancora in macchina, il padre gli chiese:

- Che mi dici della tua esperienza ?

- Bene – rispose il bambino

Hai appreso qualcosa ? Insistette il padre

1 – Che abbiamo un cane e loro ne hanno quattro.

2 – Che abbiamo una piscina con acqua trattata, che arriva in fondo al giardino.

 Loro hanno un fiume, con acqua cristallina, pesci e altre belle cose.

3- Che abbiamo la luce elettrica nel nostro giardino ma loro hanno le stelle e la luna 

per illuminarli.

4 – Che il nostro giardino arriva fino al muro. Il loro, fino all’orizzonte.

5 – Che noi compriamo il nostro cibo; loro lo coltivano, lo raccolgono e lo cucinano.

6 – Che noi ascoltiamo CD... Loro ascoltano una sinfonia continua di pappagalli, grilli
 
e altri animali...

...tutto ciò, qualche volta accompagnato dal canto di un vicino che lavora la terra.

7 – Che noi utilizziamo il microonde. Ciò che cucinano loro, ha il sapore del fuoco

 lento

8 – Che noi per proteggerci viviamo circondati da recinti con allarme... Loro vivono 

con le porte aperte, protetti dall’amicizia dei loro vicini.

9 – Che noi viviamo collegati al cellulare, al computer, alla televisione. 

Loro sono collegati alla vita, al cielo, al sole, all’acqua, ai campi, agli animali, alle loro

 ombre e alle loro famiglie.

Il padre rimane molto impressionato dai sentimenti del figlio. Alla fine il figlio 

conclude

- Grazie per avermi insegnato quanto siamo poveri !

Ogni giorno, diventiamo sempre più poveri perché non osserviamo più la natura!!!"

mercoledì 16 dicembre 2015

HOCKEYLOVE INTERVISTA EMILIANO GARAU



L'intervista a Emiliano Garau da parte della rivista online Hockeylove nella rubrica "SPAZIO G" dedicata ai giovani talenti italiani dell'Hockey su prato............orgoglio di mamma e papà!!!




SPAZIO G. EMILIANO GARAU: EPIGONO DELLA LEGGENDA DI TREXENTA

L’hockey a Suelli nacque con un gruppo di ragazzi di grande talento, che anno dopo anno portarono la società di Luca Pisano e Valeria Spitoni a primeggiare, senza mai vincerla, nella A1/M. 
25 anni dopo, quella storia – che nel frattempo ha espresso tanti altri campioni - rivive con un gruppetto di ragazzini che hanno cominciato in prima media. Alla “Generale Mezzacapo” del paesino della Trexenta.
Fra questi, con Matteo Laconi, Luca Cuccu, Nicola Pingioni, c’è Emiliano Garau. Classe 2000, nato il 25 febbraio.

“Venne a scuola Luca Pitzalis, il primo hockeista che vedevo e la prima volta che sentivo parlare di hockey nel quadro di un progetto scuola-sport”.

- Possibile che in un piccolo centro come il tuo non sapessi che c’era una squadra importante?
“Non lo sapevo, mio padre sì, ma non lo seguiva più di tanto. Però dopo di me ha cominciato anche mia sorella di 10 anni e ora se ne occupa tutta la famiglia”.

- Dopo Luca Pitzalis chi sono stati i tuoi primi istruttori?
“Andai al campo all’inizio della seconda media e conobbi suo fratello Giuseppe e Andrea Vargiu che mi inserirono nella U14/M. Feci quasi subito l’esordio a Cagliari sul campo del CUS perdemmo 3-2”.

- L’inizio non fu un granché.
“L’anno dopo però segnai, anche se sono difensore, una decina di gol tirando anche qualche corto”.

- In Sardegna molte società con grande tradizione vi hanno sbarrato la strada in questi anni.
“Sì, infatti le partite che ricordo con più intensità sono quelle con l’Amsicora, dove tuti sono molto bravi, ma la loro vera forza è il gruppo”.

- Con le giovanili le soddisfazioni non sono state molte, però ti sei fatto con la prima squadra.
“Ho avuto la fortuna di esordire già nel 2014 (era il 4 ottobre – NdR) con la Tevere a Suelli e poi già alla terza giornata feci il mio primo gol in A1/M a Roma, ai giallorossi”.

- Te lo ricordi bene quel gol?
“Certo. Ero in area perché malgrado sia difensore le prime partite in A1/M le feci da attaccante. Arrivò una palla dritta e forte in area alla ricerca della spizzata, il portiere la respinse, io con una volée di dritto a mezz’altezza la colpii senza quasi rendermene conto e feci gol”.

- Da difensore come ti saresti marcato?
“Come mi hanno detto anche domenica Giglio e Paziuk, sarei stato vicino all’attaccante facendogli sentire la pressione e usando la mia forza e la sicurezza che deve avere un giocatore di A1”.

- Lo hai fatto anche domenica con il CUS Padova?
“Qualche volta no. All’inizio il fatto di trovarmi di fronte giocatori più esperti mi ha messo un po’ in imbarazzo, ma poi l’aiuto dei compagni è stato determinante”.

- Quali sono le tue caratteristiche?
“Sono forte fisicamente (173 cmx73 kg) non veloce ma dotato di buona accelerazione, presso, canalizzo e cerco il tempo giusto per il contrasto, sono bravo nei raddoppi, devo migliore nella sicurezza e alleno il flick, già buono che sta migliorando ancora, mentre gli altri colpi sono sufficienti”.

- Da cosa è dipeso il tuo esordio in A1/M così giovane?
“Forse la rosa l’anno scorso non era lunga come quest’anno. Ora il posto me lo conquisto di settimana in settimana e domenica sono partito negli 11. Per questo ero un po’ emozionato”.

- Le nazionali giovanili sinora ti hanno ignorato
“Ho fatto tutto il percorso dei CTH, sono arrivato al decentrato di Cagliari che ha deciso la squadra per l’europeo U18/M in Francia. Penso che in Italia ci sia tanta gente più forte di me che gioca da più tempo. Io sto lavorando”.

- Pensi che la tua generazione possa dare la svolta all’hockey italiano?
“A vedere i risultati di club e delle nazionali degli ultimi anni all’estero il livello è molto superiore, ma la nostra U18/M ha dimostrato di andare molto bene e che potremo esserci”.

- Sei un ragazzo concreto, non ti chiedo il tuo sogno, ma come vedi il Suelli di oggi
“Il nostro obiettivo è sempre quello di arrivare tra le prime”.

-I l tuo modello?
“Andrea Vargiu, anche per il ruolo, ma anche da Lucas Monteleone ho imparato tanto”.

Nella foto Emiliano Garau
(reporter)

domenica 13 dicembre 2015

IL TEMPO IN PARADISO

In Paradiso scorre il tempo? Si festeggia il Natale?...

Vediamo in cosa si distingue il paradiso cristiano (vero) da quello musulmano (banale) o delle religioni orientali (falso)


Vogliamo parlare di un argomento che è molto particolare... ma anche molto intrigante. E' anche, però, un argomento abbastanza delicato, perché, trattandolo, facilmente si può sforare dalla giusta dottrina, per cui bisogna fare molta attenzione. Ci riferiamo ad una questione che può sembrare di scarsa importanza, ma che invece può avere implicazioni di rilievo soprattutto per quanto riguarda un'ulteriore dimostrazione della veridicità e della bellezza del Cattolicesimo. La questione verte su questa domanda: nel Paradiso esiste la dimensione temporale?
Verrebbe da rispondere di no. Nel Paradiso la beatitudine è eterna, per cui non c'è bisogno del tempo. D'altronde il mondo ultraterreno cristiano è al di fuori del tempo e dello spazio. E invece proprio riguardo a questo bisogna fare molta attenzione. Prendiamo in considerazione la dimensione spaziale. E' proprio vero che nel mondo ultraterreno non c'è? Se così fosse, come la mettiamo con la resurrezione dei corpi? Quando infatti i corpi resusciteranno vivranno in Paradiso, se sono di beati, e nell'inferno, se sono di dannati. Ebbene, se il mondo ultraterreno non è affatto un luogo, come è possibile che in un non-luogo possano esistere dei corpi che invece, in quanto corpi, sono dimensionati nello spazio? E qui, proprio in considerazione dello spazio, capiamo che per quanto riguarda il mondo ultraterreno, così come lo concepisce il Cristianesimo, se è vero che non possiamo parlare di luoghi in senso univoco (del tipo: la seconda a destra o la terza a sinistra), possiamo invece parlare di luoghi in senso analogico...e poi ovviamente fermarci perché c'imbattiamo nel mistero.
Prima però di ritornare alla categoria del tempo, facciamo una precisazione importante. Ho citato aggettivi come "univoco" e "analogo". Ma cosa in realtà vogliono dire? Ve lo spieghiamo subito. La buona filosofia distingue tre metodi per rapportare la dimensione naturale a quella soprannaturale. Essi sono i metodi: univoco, equivoco e analogico. Univoco, quando si pretende identificare le due dimensioni; equivoco, quando le si separa totalmente; analogico, quando le si distingue ma se ne riconosce un legame. Chiariamo: se utilizzo il metodo univoco, il mondo ultraterreno lo concepirò come una semplice e identica prosecuzione della vita terrena (un esempio a riguardo è il paradiso islamico con i suoi godimenti sensuali); se utilizziamo il metodo equivoco, concepiremo il mondo ultraterreno come qualcosa di totalmente diverso dalla vita terrena (è il modo di concepire la vita dopo la morte nelle religioni orientali dove tutto è all'insegna della perdita di ogni individualità); se invece utilizziamo il metodo analogico, allora concepiremo il mondo ultraterreno né come realtà uguale alla vita terrena, ma nemmeno come realtà totalmente diversa dalla vita terrena stessa. Questo ultimo metodo è proprio del Cristianesimo.
Torniamo allora alla questione del tempo in Paradiso. C'è o non c'è? In senso univoco non lo possiamo concepire... ma in senso analogico?
Cari lettori, vi starete chiedendo: ma perché questa domanda? Ve lo diciamo subito. Spesso ci abbiamo pensato: quando sulla terra è Natale, in Paradiso è ugualmente Natale? Una prospettiva equivoca di certa teologia intellettualista porterebbe a reagire in questo modo: ma che sciocchezze sono mai queste? Noi invece, che ci onoriamo di non riconoscerci in una simile teologia, siamo tentati di rispondere di sì: quando nella vita terrena si festeggia il Natale , anche in Cielo si fa festa.
Vi diciamo perché siamo portati a dire così. Ci sono almeno cinque motivi.
1.Il Paradiso è parte della Chiesa
2.Il tempo liturgico è movimento ma anche perennità
3.Nella liturgia si "tocca" il Paradiso e vi partecipa il Paradiso
4.L'Incarnazione è evento unico, definitivo e duraturo
5.Il Paradiso è analogicamente sublimazione della vita terrena e non annullamento totale di essa.
Brevemente diciamo qualcosa per ogni motivo.

1.Il Paradiso è parte della Chiesa
Chi conosce il catechismo lo sa bene. La Chiesa si divide in tre parti: la chiesa militante (della vita terrena, cioè di quelle anime che stanno militando per guadagnarsi il Paradiso), la chiesa purgante (delle anime del Purgatorio che si stanno purificando ma che sono unite a Cristo), la chiesa trionfante (delle anime del Paradiso). Ora, se il Paradiso è chiesa, vuol dire che è unito a tutto ciò che è chiesa, quindi alla chiesa purgante ma anche a quella militante. Alla chiesa purgante: infatti le anime del Purgatorio possono intercedere pregando il Signore per i nostri bisogni; inoltre una delle gioie delle anime del Purgatorio è proprio quella di Maria Santissima che va a visitarle nelle loro pene. L'unione con la chiesa militante non sta solo nella possibilità che noi abbiamo di pregare le anime beate per i nostri bisogni, ma anche nella partecipazione degli angeli alla divina liturgia. In ogni Messa numerosi angeli sono accanto al sacerdote che celebra.

2.Il tempo liturgico è movimento ma anche perennità
La caratteristica della liturgia è il divenire nella perennità. Sembra una contraddizione, ma non è così. Si tratta di un'originalità che ha una sua logica. La liturgia è nel tempo perché si svolge nel tempo, ma è sempre ripetitiva perché è la finestra dell'Eterno nel tempo stesso. Proprio questa ripetitività la rende perenne. Insomma, divenire e perennità. Penso che proprio questa apparente (attenzione: solo apparente!) contraddizione possa farci capire qualcosa del legame che il Paradiso possa avere con il tempo della vita terrena; ovviamente un legame da intendersi in senso analogico.

3.Nella liturgia si tocca il Paradiso e vi partecipa il Paradiso
Riprendo ciò che abbiamo detto nel primo punto quando abbiamo fatto riferimento che durante la Messa sono presenti tanti angeli vicino al sacerdote. Ebbene, nella liturgia vi partecipa il Paradiso, ma possiamo anche dire che nella liturgia si "tocca" il Paradiso. Si "tocca" nel senso che con la liturgia si offre, si ringrazia e si chiede a Dio... e Dio stesso si fa vivo e vero sull'altare. La Santa Messa –come abbiamo già detto- è una "finestra" del Paradiso sulla terra.

4.L'Incarnazione è evento unico e duraturo
Un altro punto che può farci capire qualcosa in più rispetto alla questione della presenza analogica del tempo in Paradiso è il fatto che il Mistero dell'Incarnazione è un evento unico e duraturo. Unico, perché l'Incarnazione è avvenuta una sola volta (ovviamente nel tempo) e non si ripeterà più. Inoltre, è un mistero duraturo che esisterà per l'eternità. Adesso la Seconda Persona della Santissima Trinità è con il corpo glorificato in Paradiso... e lo sarà per sempre.

5.Il Paradiso cristiano è analogicamente sublimazione della vita terrena e non annullamento di essa
Nel Paradiso cristiano non ci sarà un annullamento della propria individualità. L'annullamento –come ho già avuto modo di dire- nella vita dopo la morte viene concepito dalle religioni orientali. Nel Paradiso cristiano l'individualità non terminerà mai, sarà per l'eternità. Sappiamo anche che l'anima in Paradiso amerà in Dio tutte le altre anime in egual modo; ma si conserverà una distinzione qualitativa. Per esempio, una mamma non amerà suo figlio di più rispetto alle altre anime del Paradiso, perché non c'è differenza di ordine quantitativo (ovviamente a seconda del grado di gloria raggiunto), ma il Signore permetterà che si conserverà una differenza di ordine qualitativo. Qui vi è un grande mistero, ma è così. Ecco perché, quando muore un proprio caro in concetto di santità, da parte dei parenti bisogna pregarlo e pregarlo con grande fiducia di ottenere delle grazie, perché i legami parentali anche in Paradiso permarranno. Ovviamente sempre in senso analogico, ma permarranno.

Concludendo...
Tornando al tempo, va detto che nel Paradiso (se se ne può parlare) esso va inteso come una realtà non scandita dal movimento degli astri (come sulla Terra), ma unicamente dall'illuminazione di Dio. La liturgia terrestre è ovviamente legata all'anno liturgico, il quale a sua volta è legato all'anno solare. La liturgia celeste invece non è legata ai movimenti degli astri, ma a Dio. Più semplicemente possiamo dire che per le anime beate (che sono faccia a faccia con Dio) è sempre Natale, Pasqua, ecc... ma esse (le anime), proprio nella luce di Dio, colgono l'unione con il tempo della Terra e quindi la successione dell'anno liturgico terrestre, che segue, appunto, il movimento dei corpi celesti. Insomma, i beati sanno bene che in quel momento sulla Terra si sta celebrando il Natale o qualche altra Festa. Si tratta di una conseguenza della beatitudine essenziale, precisamente dell'oggetto secondario di tale beatitudine (l'oggetto primario è Dio stesso). Molti teologi affermano, infatti, che i beati in Dio vedono tutte le cose. San Tommaso nella Summa (2, q.10, a.2) scrive che ciascun beato vede tutto ciò che lo riguarda. Giuseppe Casali nella sua Somma di Teologia Dogmatica scrive testualmente: "[Ogni] persona pubblica o privata vedrà tutte quelle cose che lo riguardavano in quello stato: quindi un Papa, un Capo di Stato, un capo di famiglia conosceranno in particolare tutte quelle persone o cose che erano loro affidate. Perciò i Beati in cielo vedranno i parenti, gli amici ancora in terra, li aiuteranno con la loro intercessione e ascolteranno le loro preghiere".
Ora, tutti questi elementi ci fanno capire quanto il Paradiso cristiano non vada poi concepito "lontano" dal sentire comune. Lo ripetiamo: qui non si tratta di concepire il Paradiso in maniera banale, così come fanno i musulmani. Per l'Islam la gioia del beato è ciò che Dio dona; e Dio donerebbe i piaceri di questa terra portati all'estremo. Per il Cristianesimo, invece, la gioia del beato non è ciò che Dio dona ma Dio stesso. E questo già basta per capire la differenza. Ciò però non toglie che il Paradiso cristiano non sia un annullamento bensì una sublimazione di ciò che l'uomo sperimenta già nella sua vita terrena.

Fonte: I Tre Sentieri, 2 gennaio 2011

martedì 8 dicembre 2015

SIBELIUS






Johan Julius Christian Sibelius, conosciuto come Jean Sibelius (Hämeenlinna, 8 dicembre 1865 – Järvenpää, 20 settembre 1957), è stato un compositore e violinista finlandese. Insieme a quelle di Elias Lönnrot e Johan Ludvig Runeberg, la sua figura è il simbolo musicale dell'identità nazionale finlandese. In Finlandia è conosciuto anche con il nome di Janne Sibelius.
Jean Sibelius nacque nel 1865 a Hämeenlinna nel Granducato di Finlandia, sotto il dominio russo. La sua famiglia, per metà svedese, decise consapevolmente di mandare Jean in un'importante scuola di lingua finlandese. Ciò deve vedersi come parte della più ampia crescita del movimento dei fennomani, un'espressione del nazionalismo romantico che sarebbe diventata una parte cruciale della produzione artistica e delle idee politiche di Sibelius.
Le sue composizioni più note sono Finlandia, Valzer Triste, il Concerto per violino e orchestra, la suite Karelia e Il cigno di Tuonela (un movimento della suite Lemminkäinen), ma egli scrisse molta altra musica, tra cui altri pezzi ispirati al Kalevala, sette sinfonie, oltre cento Lieder per voce e pianoforte, musiche di scena per 13 drammi, un'opera (Jungfrun i tornet), musica da camera tra cui un quartetto d'archi, musica per pianoforte, musica corale e musica rituale massonica.
Il grafico finlandese Erik Bruun usò Jean Sibelius come tema per la banconota da 100 marchi dell'ultima serie di tale valuta

lunedì 7 dicembre 2015

IGNORANZA

Mi capita spesso di girare per social Network, in particolare su Facebook. Nel mio profilo ho circa mille persone, da ogni parte del mondo. Come si sa, durante la navigazione mi appaiono dei post messi dai miei "amici"che in un certo senso rappresentano lo specchio di ciò che pensano, gli orientamenti politici, le idee sul quotidiano vivere e anche sulla religione. Analizzando e riflettendo su questi post posso affermare di essermi fatto un'idea più o meno precisa di ciò che stà succedendo in Italia, in Europa e anche nel mondo. Mi spiego meglio, ci sono persone che non possono fare a meno di esprimere pareri personali, avvolte anche offensivi, sui personaggi politici, sulla gestione dell'amministrazione pubblica e spesso si arriva al litigio virtuale, direi ovviamente. Altri esprimono, molte volte con una ignoranza imbarazzante, pareri sulla Chiesa cattolica, sulla religione, su Dio. Inutile precisare che dal mio profilo spariscono definitivamente tutte le persone che, anche solo in modo allusivo, offendono Dio e la Chiesa. La mia personale considerazione si può spiegare, in estrema sintesi, in una sola parola, IGNORANZA, l'ignoranza stà distruggendo il mondo, l'ignoranza sta lasciando enormi spazi alle altre religioni, alle religioni della morte, l'ignoranza sta corrodendo intimamente il popolino, siamo immersi totalmente nell'ignoranza che le cose giuste sono diventate sbagliate e le cose sbagliate sono diventate giuste. L'essere umano ha completamente perso  la capacità di ragionare con la propria testa, esattamente ciò che le persone pensavano fosse causato dalla Chiesa cattolica, ossia il condizionamento mentale, è oggi usato, dal maligno ovviamente, per farci ragionare non più verso la Vita, ma verso la morte e non ci rendiamo conto neanche davanti a quello che sta succedendo. L'enorme vuoto lasciato si stà riempendo di morte. Chiaramente la nostra ignoranza non è che sta dilagando per caso, è ben studiata e ben pianificata. "Noi siamo un paese laico".....e intanto siamo passati dalla libertà di culto istituita nell'impero romano, al quasi divieto di fare il presepe nelle nostre scuole per non offendere i musulmani, dov'è finita la libertà? siamo passati dalla libertà di scelta di partecipare alle lezioni di religione cattolica, al chiedere a gran voce di abolirla completamente, libertà dove sei?. Tantissimi chiedono addirittura di togliere l'otto per mille alla chiesa cattolica, senza considerare che milioni di persone nel mondo, grazie a quei soldi, stanno campando, ma non solo in Africa, anche sotto casa nostra, e magari molte di queste persone pagano nove euro al mese a fondazioni multinazionali che invece di usare i soldi per gli affamati finanziano campagne a favore dell'aborto e della selezione umana.......ma noi siamo IGNORANTI, pensiamo che quelli siano i "bravi" e gli altri "i cattivi", questa è la realtà! In Italia in particolare, qualcuno forse si sveglierà quando ci verranno imposte le leggi della Shari'a, quando l'orda di femministe che oggi tanto si battono per "l'uguaglianza dei sessi" o per la "libertà di scelta" si sveglierà con un bavaglio e una catena al collo, allora altro che Chiesa cattolica, oppure quando le nostre sinistre che inneggiano tanto alla libertà e che vedono nel matrimonio dei gay o nell'eutanasia la soluzione di tutti i mali del Belpaese, non potranno più ascoltare musica o vedere la tv, allora si che probabilmente più di uno griderà a gran voce......Gesù salvaci tu!!!

venerdì 4 dicembre 2015

SANTA BARBARA - PATRONA DI SENORBI' (CA)

Esterno della parrocchia di Santa Barbara a Senorbì (CA)

Interno della parrocchia Santa Barbara a Senorbì (CA)

Santa Barbara (Nicomedia273 – 306 circa) è venerata come santa e martire dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Benché non vi siano dati certi sulla sua vita, la sua figura è divenuta leggendaria grazie alla Legenda Aurea e il suo culto molto popolare per il fatto di essere considerata protettrice contro i fulmini e le morti improvvise e violente.

Nacque nel 273 d.C. a Nicomedia in Bitinia e Ponto, provincia asiatica dell'impero romano (oggi İzmit, in Turchia).
La leggenda vuole che suo padre Dioscoro, di religione pagana, l'avesse rinchiusa in una torre per proteggerla dai suoi pretendenti. Inoltre, per evitare che utilizzasse le terme pubbliche, egli gliene fece costruire di private. Barbara, vedendo che nel progetto vi erano solamente due finestre, ordinò ai costruttori di aggiungerne una terza, con l'intenzione di richiamare il concetto di Trinità. Quando il padre vide la modifica alla costruzione, intuì che la figlia poteva esser diventata cristiana.
La madre di Barbara aveva già abbracciato segretamente la religione cristiana, finendo col rivelare il suo segreto alla figlia. Questa, dopo aver sentito alcune delle preghiere, percepì Gesù all'interno del suo cuore, diventando così cristiana e coinvolgendo nella sua nuova passione anche la sua amica Giuliana, che convinse a convertirsi e a pregare insieme a lei.
Il padre decise allora di denunciare sua figlia al magistrato romano che, in quei tempi di persecuzione, la condannò alla decapitazione, prescrivendo che la sentenza venisse eseguita proprio dal genitore, dopo due giorni di feroci torture. Queste iniziarono con una flagellazione con verghe, che secondo la leggenda si tramutarono in piume di pavone (e per questo motivo spesso nella sua iconografia la santa è raffigurata tenendo in mano delle lunghe piume), quindi venne torturata col fuoco, ebbe le mammelle tagliate e fu quindi decapitata. Era il 4 dicembre dell'anno 306. Secondo la leggenda, Dioscoro procedette all'esecuzione, ma subito dopo venne ucciso da un fulmine, interpretato come punizione divina per il suo gesto. Con lei soffrì lo stesso martirio anche Giuliana.

Esistono diverse tradizioni sul luogo del martirio e della deposizione del corpo: la tradizione indica in Nicomedia il luogo del suo martirio. Tra le tante leggende sul luogo della sua morte una di queste, storicamente infondata e non avvalorata dall'antica tradizione, riferisce che il martirio avvenisse a Scandriglia e il corpo sia stato poi trasferito a Rieti nel X secolo per metterlo in salvo dalle scorrerie saracene: qui divenne patrona della città e le fu dedicata la cappella più ricca della Cattedrale. Un'altra vuole il martirio avvenuto in Egitto e le reliquie trasferite a Costantinopoli, da dove i veneziani, alla fine del X secolo, le avrebbero portate a Venezia, e di lì a Torcello e poi a Murano. Oggi i resti della Santa riposano nella Cappella omonima a Burano.
Viene festeggiata dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa il 4 dicembre (giorno in cui la Chiesa universale la ricordava prima che venisse cancellata dal calendario liturgico generale), data del suo martirio.
È invocata contro la morte improvvisa per fuoco, perciò gli esplosivi ed i luoghi dove vengono conservati sono spesso chiamati "santabarbara" in suo onore. È patrona dei minatori, degli addetti alla preparazione e custodia degli esplosivi, degli armaioli e più in generale, di chiunque rischi di morire di morte violenta e improvvisa. Molto invocata dai militari, è anche la protettrice della Marina Militare, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle armi di Artiglieria e Genio. È anche la protettrice dei geologi, dei montanari, dei lavoratori nelle attività minerarie e petrolifere, degli architetti, degli stradini, dei cantonieri, degli artisti sommersi e dei campanari, nonché di torri e fortezze.
Nel culto popolare è uso rivolgersi a Santa Barbara recitando la seguente preghiera: "Santa Barbara Benedetta, liberaci dal tuono e dalla saetta".
Come patrona delle attività principali del gruppo ENI le è stata dedicata la grande nuova chiesa costruita a Metanopoli, quartier generale del gruppo, per decisione di Enrico Mattei.
Alla santa è dedicata la caserma 'Santa Barbara' dell'Esercito Italiano, situata ad Anzio e attualmente sede della Brigata RISTA - EW. La Caserma della scuola di artiglieria contraerei di Sabaudia (LT), La Caserma sede dell'Artiglieria a Cavallo (Voloire) sita a Milano. Come protettrice dei Marinai della Marina Militare, un'immagine della Santa viene sempre posta nei depositi munizioni delle Unità Navali e delle caserme. Il 4 dicembre a bordo delle Unità Navali della Marina Militare, secondo la tradizione, si dona un fascio di rose rosse al 1º Direttore del Tiro di bordo. È tra le Sante più venerate al mondo, specie in sud America, Asia, Europa e Stati Uniti.

Comuni di cui santa Barbara è patrona 

  • Piemonte: Gravere (TO);
  • Liguria: Cengio (SV);
  • Lombardia: Pradalunga (BG);
  • Veneto: Pieve di Limana (BL), Agordo (BL);
  • Toscana: Montecatini Terme (PT), Rio Marina (LI), San Carlo (LI), Roccastrada (GR), Niccioleta (GR);
  • Marche: Barbara (AN);
  • Lazio: Barbarano Romano (VT), Colleferro (RM), Fontana Liri (FR), Nettuno (RM), Norma (LT), Rieti (RI), Scandriglia (RI);
  • Campania: Corleto Monforte (SA), Salento, Copersito di Torchiara (SA), Baronia di Ascea (SA);
  • Calabria: Amaroni (CZ), Davoli (CZ), Filadelfia (VV), Motta San Giovanni (RC), Piane Crati (CS), Marzi (CS), Pellegrina di Bagnara Calabra (RC), Rovito (CS);
  • Puglia: Miggiano (LE);
  • Sicilia: Castellana Sicula (PA), Francavilla di Sicilia (ME), Paternò (CT), Sommatino (CL), Tremestieri Etneo (CT), Villaggio Mosè (AG);
  • SardegnaAidomaggiore (OR), Capoterra (CA), Carbonia (CI, compatrona con San Ponziano), Domusnovas (CI), Furtei (CA),Gonnosfanadiga (CA), Olzai (NU), Senorbì (CA), Sinnai (CA), Villacidro (VS), Nureci (OR), Genoni (OR), Ulassai (OG); Villasalto (CA);
  • Valle d'Aosta: Chamois (AO).

giovedì 19 novembre 2015

L'ARTE CI SALVERA'



Non voglio scrivere post su terrorismo.........voglio solo contemplare l'Arte..........



Stephen Seymour Thomas "The Violin Student, Paris "- (1891)

Peder Severin Krøyer "A Luncheon" 1893.
Oil on canvas. 50 x 39.2 cm. Hirschsprung Collection, Copenhagen
 





Bartolomeo Schedoni (Modena, gennaio 1578 – Parma, 23 dicembre 1615)
Le Marie al Sepolcro




giovedì 12 novembre 2015

PER NON DIMENTICARE

L'Eterno Riposo 
Dona
loro Signore, 
splenda ad essi 
la Luce perpetua,
 riposino in Pace
 amen


mercoledì 21 ottobre 2015

UN NOME INGANNEVOLE

scavato vertic_per sito




IL PECORINO ROMANO



Il pecorino romano è uno dei grandi formaggi italiani. Ha un gusto importante ed è venduto in tutto il mondo. Non tutti sanno però che il Pecorino Romano, non è proprio "Romano", ma è molto, molto "Sardo". Il 95% della produzione avviene in aziende dell'Isola ma il suo nome trae in inganno moltissimi clienti. Ho vissuto nel Lazio ed ho conosciuto molti romani e laziali, pensate, loro credevano che il pecorino romano fosse una "loro prelibatezza". Un giorno ci trovavamo presso un centro commerciale del nord Italia insieme ad un gruppo di amici laziali, ed io, appunto, cercavo di fargli capire che il pecorino romano, di "romano" ha solo il nome,  ma loro non mi credevano, allora gli ho sfidati a trovarmi negli immensi frigoriferi di questo grandissimo centro commerciale, una sola confezione di pecorino romano prodotto nel Lazio, non trovandone , hanno fatto una scoperta per loro un po scioccante, il pecorino romano in realtà......è sardo!!!

A prova di ciò che ho scritto vi invito a visitare il sito ufficiale del Pecorino Romano dop al seguente indirizzo: Pecorino Romano

sabato 17 ottobre 2015

L'INFERNO

L'inferno esiste???



L’inferno visto da Santa Veronica Giuliani: “Sarà sempre così. Sempre, sempre, sempre”
Istruzione Cattolica     09/09/2015 11:18
Santa Veronica Giuliani (Orsola) nacque il 27 dicembre 1660. Entrò nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello. Morì il 9 luglio 1727. Una visione dell’inferno, avuta nel 1696, è così raccontata da Santa Veronica: «Parvemi che il Signore mi facesse vedere un luogo oscurissimo; ma dava incendio come fosse stata una gran fornace. Erano fiamme e fuoco, ma non si vedeva luce; sentivo stridi e rumori, ma non si vedeva niente; usciva un fetore e fumo orrendo, ma non vi è, in questa vita, cosa da poter paragonare. In questo punto, Iddio mi dà una comunicazione sopra l’ingratitudine delle creature, e quanto gli dispiaccia questo peccato. E qui mi si dimostrò tutto appassionato, flagellato, coronato di spine, con viva, pesante croce in spalla. Così mi disse: “Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. Vi sta, per tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno”. In questo mentre, mi parve di sentire un gran rumore. Comparvero tanti demoni: tutti, con catene, tenevano bestie legate di diverse specie. Le dette bestie, in un subito, divennero creature (uomini), ma tanto spaventevoli e brutte, che mi davano più terrore che non erano gli stessi demoni. Io stavo tutta tremante, e mi volevo accostare dove stava il Signore. Ma, contuttoché vi fosse poco spazio, non potei mai avvicinarmi più. Il Signore grondava sangue, e sotto quel grave peso stava. O Dio! Io avrei voluto raccogliere il Sangue, e pigliare quella Croce, e con grand’ansia desideravo il significato di tutto. In un istante, quelle creature divennero, di nuovo, in figura di bestie, e poi, tutte furono precipitate in quel luogo oscurissimo, e maledicevano Iddio e i Santi. Qui mi si aggiunge un rapimento, e mi parve che il Signore mi facesse capire, che quel luogo era l’inferno, e quelle anime erano morte, e, per il peccato, erano divenute come bestie, e che, fra esse, vi erano anche dei religiosi [...]. Mi pareva di essere trasportata in un luogo deserto, oscuro e solitario, ove non sentivo altro che urli, stridi, fischi di serpenti, rumori di catene, di ruote, di ferri, botti così grandi, che, ad ogni colpo, pensavo sprofondasse tutto il mondo. E io non aveva sussidi ove rivolgermi; non potevo parlare; non potevo invitare il Signore. Mi pareva che fosse luogo di castigo e di sdegno di Dio verso di me, per le tante offese fatte a Sua Divina Maestà. E avevo davanti di me tutti i miei peccati [...]. Sentivo un incendio di fuoco, ma non vedevo fiamme; altro che colpi sopra di me; ma non vedevo nessuno. In un subito, sentivo come una fiamma di fuoco che si avvicinava a me, e sentivo percuotermi; ma niente vedevo. Oh! Che pena! Che tormento! Descriverlo non posso; e anche il sol ricordarmi di ciò, mi fa tremare. Alla fine, fra tante tenebre, mi parve di vedere un piccolo lume come per aria. A poco a poco, si dilatò tanto. Mi sembrava che mi sollevasse da tali pene; ma non vedevo altro».
Un’altra visione dell’inferno è del 17 gennaio 1716. La Santa racconta che in detto giorno fu trasportata da alcuni angeli nell’inferno: «In un batter d’occhio mi ritrovai in una regione bassa, nera e fetida, piena di muggiti di tori, di urli di leoni, di fischi di serpenti [...]. Una grande montagna si alzava a picco davanti a me ed era tutta coperta di aspidi e basilischi legati assieme[...]. La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili. Essa era l’inferno superiore, cioè l’inferno benigno. Infatti, la montagna si spalancò e nei suoi fianchi aperti vidi una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestavano le anime le quali urlavano disperate. A questa montagna seguivano altre montagne più orride, le cui viscere erano teatro di atroci e indescrivibili supplizi.
Nel fondo dell’abisso vidi un trono mostruoso, fatto di demoni terrificanti. Al centro una sedia formata dai capi dell’abisso. Satana ci sedeva sopra nel suo indescrivibile orrore e da lì osservava tutti i dannati. Gli angeli mi spiegarono che la visione di Satana forma il tormento dell’inferno, come la visione di Dio forma la delizia del Paradiso. Nel frattempo, notai che il muto cuscino della sedia erano Giuda ed altre anime disperate come lui. Chiesi agli angeli di chi fossero quelle anime ed ebbi questa terribile risposta: “Essi furono dignitari della Chiesa e prelati religiosi».
E in quell’abisso, ella vide precipitare una pioggia di anime... Ed ecco altre visioni della Santa:«Come Dante, anche la nostra Santa, appena su la soglia, ode urli, voci lamentevoli, bestemmie e maledizioni contro Dio. Vede mostri, serpenti, fiamme smisurate. È menata per tutto l’inferno. Precipitano giù, con la furia di densa grandine, le anime dei nuovi abitatori. E a quest’arrivo, si rinnovano pene sopra pene ai dannati. In un luogo ancora più profondo trova ammucchiate migliaia di anime (sono quelle degli assassini), sopra le quali incombe un torchio con una immensa ruota. La ruota gira e fa tremare tutto l’inferno. All’improvviso il torchio piomba su le anime, le riduce quasi a una sola; cosicché ciascuna partecipa alla pena dell’altra. Poi ritornano come prima. Ci sono parecchie anime con un libro in mano.

I demoni le battono con verghe di fuoco nella bocca, con mazze di ferro sul capo, e con spuntoni acuti trapassano loro le orecchie. Sono le anime di quei religiosi bastardi, che adattarono la regola a uso e consumo proprio. Altre anime sono rinchiuse in sacchetti e infilzate dai diavoli nella bocca d’un orrendo dragone che in eterno le digruma. Sono le anime degli avari. Altre gorgogliano tuffate in un lago d’immondizie. Di tratto in tratto sgusciano fulmini. Le anime restano incenerite, ma dopo riacquistano lo stato primiero. I peccati che hanno commesso sono i più gravi che mai vivente può immaginare. Tutte le strade dell’inferno appaiono sparse di rasoi, di coltelli, di mannaie taglienti. E mostri, dovunque mostri. E una voce che grida: “Sarà sempre così. Sempre, sempre, sempre”. Veronica è condotta alla presenza di Lucifero. Egli ha d’intorno le anime più graziate dal cielo, che nulla fecero per Iddio, per la sua gloria; e tiene sotto i piedi, a guisa di cuscino, e pesta continuamente le anime di quelli che mancarono ai loro voti. “Via l’intrusa che ci accresce i tormenti”!, urla furibondo ai suoi ministri. Levata dall’inferno, Veronica ripete esterrefatta: “O giustizia di Dio, quanto sei potente”»!
tratto da : Gloria.tv

lunedì 12 ottobre 2015

LA FAMIGLIA

IL MIO PENSIERO

Questo post non ha la pretesa di cambiare il mondo, ne di influenzare in alcun modo il Sinodo sulla Famiglia che si sta svolgendo a Roma, è solo il mio punto di vista.
Si parla tanto di famiglia in questo periodo, chi la vuole " tradizionale", chi "alternativa" chi "innovativa", chi composta da due papà, chi da due mamme. Superfluo dire che la Famiglia è una sola, ed è la Famiglia voluta da Dio, punto e basta.
Molteplici i corsi sulla "Famiglia perfetta", molteplici le "istruzioni sull'uso", molteplici le persone con la convinzione di poter insegnare qualcosa a qualcuno. Ho sentito mille opinioni, abbiamo partecipato a riunioni dove si è parlato tanto di coppia, di dialogo famigliare, di come affrontare le differenze tra marito e moglie, di come mantenere unita la coppia, di figli e di ogni aspetto della Famiglia cristiana (perchè solo di quella parlo)........secondo voi ho tralasciato qualcosa?........poche volte ho sentito parlare di "Preghiera Famigliare", ai vari corsi per fidanzati, per coppie sposate, per famiglie......qualcuno di autorevole vuole dire che la Famiglia si basa sulla preghiera a Dio e alla Madonna? alla preghiera quotidiana dentro le mura di casa? al Santo Rosario recitato nell'intimità di coppia? Alla Santa Messa seguita con la  moglie, il marito, i figli?.....qualcuno vuole dire ai futuri sposi cristiani che il Vangelo ha tanto da dire tutt'oggi alle nostre famiglie?......io penso che se ogni famiglia cristiana imparasse a pregare, a pregare, a pregare, a pregare, la parola "crisi famigliare" verrebbe cancellata dal vocabolario. Il mio pensiero dunque è questo: Famiglia uguale Preghiera. Il totale abbandono alla Volontà Divina risolve tutti i problemi, tutte le incomprensioni,  la Famiglia allora non corre alcun rischio. Nelle case dove c'è preghiera c'è serenità.......

martedì 22 settembre 2015

IL SILENZIO

Vorrei vivere senza tecnologia per un po di tempo. Nel silenzio, nella natura, nella pace. Immaginate un mondo senza rumori? Immaginate un mondo in cui nessuno vi può telefonare, in cui non esiste smog, non esiste la confusione, solo un lungo silenzio beato. Chiaramente in tutto questo ci sarebbero tante controindicazioni ma adesso non voglio considerarle.  Voglio immaginare di vivere nel silenzio, totale, o meglio, solo suoni naturali. Il ruscello, il canto degli uccelli, persone che parlano tra loro, il vento, la pioggia, il mare. Pensando a quanto sarebbe riposante mi viene in mente che probabilmente in questo caos ci sfuggono tanti particolari, tanti pensieri, tante presenze. Quanto è difficile oggi sentire la Voce di Dio, quanto è difficile apprezzare le meraviglie del Creato, quanto è complicato ascoltare e capire le difficoltà altrui, quanto ci stiamo perdendo della nostra vita?.....secondo me molto. Domenica scorsa io e mia moglie abbiamo fatto una passeggiata nel bosco. Un bosco completamente selvaggio, lontano da ogni forma di civiltà. Sono state due ore fantastiche e mi hanno fatto riflettere. Sono arrivato alla conclusione che il mondo non è più a misura d'uomo. Abbiamo un estremo bisogno di silenzio, di calma. Probabilmente basterebbe avere la disponibilità di alcune ore giornaliere di silenzio  che la nostra vita cambierebbe radicalmente. Il silenzio ci consentirebbe di sentire altre cose, ci porterebbe a dare importanza ad altre cose, a quelle cose che sono l'essenza stessa della vita..........

giovedì 10 settembre 2015

LA FEDE SARDA


UN'ALTRO PEZZO DI SARDEGNA.......MOLTO PREZIOSO!!!






La produzione di monili, gioielli e articoli di oreficeria in Sardegna, ci regala prodotti di inestimabile pregio, capaci di rispecchiare perfettamente attraverso il suo stile etnico, la cultura secolare radicata nel DNA del fiero popolo Sardo.


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I gioielli sardi, si sposano direttamente alla tradizione dei costumi regionali, li integrano, costituendo autentici complementi decorativi.
L’utilizzo del termine "si sposano", fatto in precedenza, non è casuale anzi; tale gioco di parole vuole proprio sottolineare come nell’affascinante storia dei gioielli e dell’oreficeria sarda, grande rilievo assume quella delle fedi nuziali.

Il significato dei gioielli sardi si può considerare quasi come un qualcosa di sacro, che affonda le sue radici nel mito e nella tradizione. La leggenda narra infatti che le fate intessevano nelle loro case, le Domus de Janas, fili d’oro e d’argento che venivamo trasformati in stoffe pregiate, riccamente adornate con pietre preziose.
Costumi e gioielli rappresentavano dunque autentici simulacri ed opere d’arte, che le donne sarde custodivano gelosamente, tramandandoli di madre in figlia, di generazione in generazione.

Nell’ antichità, dunque, viste le sue mitiche origini, il gioiello sardo fungeva da tramite tra gli uomini e le divinità: strumento d’invocazione, protezione dal malocchio, corredi funebri che accompagnassero il defunto verso un sereno viaggio, magari ingraziandogli anche la speranza di poter rinascere a nuova vita; erano solo alcune delle funzioni che si riteneva potessero assolvere i monili artigianali.

In questo contesto, particolarmente affascinante e suggestiva risulta anche la storia della fede sarda.
La tradizione narra che l’innamorato si rivolgesse proprio alle Janas, chiedendo loro aiuto e protezione per la proposta d’amore che si accingeva a fare alla sua bella.
Le fate intessevano per lui un filo d'oro di forma circolare, che il giovane avrebbe posto all’anulare sinistro della donna dei suoi sogni. Un autentico pegno d’amore, dunque, dove la scelta dell’anulare (dito al quale tutti oggi portano la fede nuziale) ha un suo preciso significato.
Proprio in questo punto della mano, infatti, risiede una piccola arteria che, attraversando tutto il braccio giunge diritta fino al cuore, prezioso scrigno dove ogni essere umano custodisce gelosamente il proprio amore e i propri sentimenti più cari e nobili.

La fede sarda è sapientemente ricamata e tempestata di piccole sfere, che hanno la funzione di voler simboleggiare dei chicchi di grano, auspicio di prosperità per la coppia che sta andando a suggellare la propria unione.
I grappoli di grano che tempestano la fede sarda, oltretutto, hanno una doppia valenza simbolica. Oltre al già citato auspicio di prosperità per la coppia, rappresentano anche un vincolo di amore che i sardi stringono con la propria terra.
Quale frutto infatti, meglio del grano, simboleggia il legame dell’uomo alla terra? Ed ecco dunque che la fede reca con se un duplice pegno d’amore dei sardi: quello per la propria donna, il cui anulare verrà cinto dalla fede, e quello per la loro terra natia.

Un altro affascinante gioiello della tradizione artigianale, che si affianca alla classica fede, è la Maninfide (mani in fede). Si tratta di un gioiello, solitamente in oro, che veniva donato al momento del fidanzamento per suggellare la promessa dell’imminente unione tra gli sposi. Il monile, infatti, riproduce la stretta vicendevole di due mani, e sta a simboleggiare il reciproco supporto che i coniugi devono fornirsi, all’interno della coppia.
Il fascino della fede sarda è accresciuto, oltre che dalla sua bellezza, anche dal suo valore inestimabile. Infatti, soprattutto i gioielli più antichi della tradizione, provenendo esclusivamente dalle mani artigiane dei maestri orafi sardi, sono esemplari unici, irripetibili, ciascuno diverso dall’altro.