mercoledì 7 dicembre 2016

BAROCCO

Arcangelo Corelli (Fusignano, 17 febbraio 1653 – Roma, 8 gennaio 1713) è stato un compositore e violinista italiano del periodo barocco.
Considerato tra i più grandi compositori del periodo barocco, fondamentale fu il suo contributo allo sviluppo della forma musicale della sonata e del concerto grosso, che egli portò ad un altissimo livello di equilibrio e perfezione formale. Lo stile introdotto da Corelli e sviluppato dai suoi allievi, quali Pietro Locatelli, Pietro Castrucci, Giovanni Stefano Carbonelli ed altri, ebbe un'importanza vitale per lo sviluppo del linguaggio del violino. È stato detto che i percorsi di tutti i famosi violinisti-compositori del XVIII secolo in Italia portano a Corelli, che fu il loro "iconico punto di riferimento"

Nacque a Fusignano, nella Romagna estense, nel 1653. Studiò a Bologna (che era allora il centro più avanzato per la musica strumentale ad arco con Giovanni Benvenuti e Leonardo Brugnoli; nel 1670 venne accolto nell'Accademia Filarmonica. Nel 1671 si stabilì a Roma dove fu dal 1679 violinista del Teatro Capranica e si perfezionò nella composizione con Matteo Simonelli. Nel 1679-1680 soggiornò forse in Germania; ma la sua attività si svolse esclusivamente a Roma, dove ebbe come suoi protettori e mecenati i cardinali Benedetto Pamphilj e Pietro Ottoboni. Fu inoltre in buoni rapporti con Cristina di Svezia, per la quale non solo compose sonate destinate agli intrattenimenti privati di Palazzo Riario (ora Corsini), ma diresse anche ampie compagini strumentali. Si ricorda a tal proposito l'esecuzione, avvenuta nel 1687, di un'Accademia per musica di Bernardo Pasquini in onore dell'ambasciatore d'Inghilterra, con la partecipazione di centocinquanta archi diretti da Corelli e di un centinaio di cantori. Dopo la morte di Cristina di Svezia, avvenuta nel 1689, aristocratici e prelati romani fondarono in sua memoria nel 1690 un'accademia poetico/musicale che successivamente fu detta "Arcadia". Gli adepti dell'accademia usavano pseudonimi che rimandavano all'età greca mitica (Corelli assunse il nuovo nome di "Arcomelo Arimanteo").
Nel 1702 si esibì alla corte di Napoli, da dove ritornò amareggiato. Iniziò quindi un periodo di irreversibile declino. Nel 1708 lasciò ogni attività pubblica; trascorse gli ultimi anni di vita in volontario ritiro, a Roma. La sua fama nazionale ed europea non venne però mai meno tra i contemporanei. Anche per questo fu sepolto nel Pantheon (morì a Roma nel 1713), dove tuttora si trova la sua tomba.
Diede nuovo impulso alla forma della sonata a tre, pubblicando, tra il 1681 e il 1694, quattro raccolte, comprendenti ciascuna dodici sonate (Sonate da chiesa op. 1 ed op.3, sonate da camera op. 2 e op. 4), le quali segnano un punto conclusivo dell'evoluzione di questa forma in Italia. Nella sonata a tre, Corelli sfrutta a fondo le caratteristiche al tempo stesso di brillantezza e cantabilità del violino, tanto nella forma da camera, destinata ad un organico di due violini e violoncello o clavicembalo e composta da 3 o 4 movimenti distinti in forma di danze (suite), che nella forma da chiesa, nella quale i due violini sono accompagnati da un organo e da un violoncello (o in alternativa da un arciliuto) che esegue una parte obbligata, spesso in funzione concertante alla pari coi violini. La scrittura, nobile ed espressiva, è sostenuta da un contrappunto vigoroso e di studiate dissonanze. Nell'op. 5, pubblicata nell'anno 1700, Corelli affrontò anche la sonata per violino solo e basso. Qui, le prime 6 sonate sono nella forma "da chiesa" e le 6 successive in quella "da camera". Conclude la raccolta una lunga serie di variazioni sulla popolare aria della Follia. L'op. 6, infine, pubblicata postuma nel 1714 con la curatela dell'amico, allievo e fidato collaboratore Matteo Fornari, e dedicata a Guglielmo del Palatinato (Wilhelm von der Pfalz), è la raccolta di composizioni più ambiziosa di Corelli. Come nell'opera 5, si tratta di materiale che era stato composto in vari momenti durante l'ultimo trentennio di attività. L'op. 6 ebbe grande successo per il suo valore musicale, tuttavia venne stampata in un momento in cui ormai il gusto musicale si indirizzava piuttosto verso le nuove avventure del concerto solistico. Fra i concerti, 8 "da chiesa" e 4 "da camera", si ricorda il Concerto grosso fatto per la notte di Natale, numero 8 dell'opus.

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